Paul Dirac e la Bellezza come metodo

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Nel panorama della fisica moderna ci sono figure artisticamente valide, nel senso più puro dell’arte: comunicare un concetto vero, vivido, con sincerità e chiarezza. Nel modo più armonioso possibile, arrivando al cuore dello spettatore, affinché possa avviare un processo di catarsi o di pura ammirazione contemplativa.

Albert Einstein era una mente creativa fuori da ogni schema, che ricercava la verità nelle strade più disparate, spinto da puro intuito e vocazione.
Un artista appassionato, circondato dalle vivide immagini nella sua mente che prendevano forma come macchie su tela. Un Klimt a tratti impressionista, dal tratto rapido e deciso.

La luce, per lui, era alla base di tutto insieme alla libertà: se potessimo descrivere in un quadro l’essenza di Einstein potremmo disegnare il Bacio di Klimt come base per un buco nero, attorno cui la luce gira, intrappolata. Tutto attorno è distorto, come se l’intero cosmo fosse una cascata che converge verso i due.

Se per Pascal la nobiltà dell’uomo era descritto da passione e ambizione, per Einstein si trattava di luce e libertà.

Dalla luce libera e vibrante, quasi come un brano per Violino di Mozart, si giunge pian piano in questa galleria sensoriale alla pura bellezza di Dirac.

Una bellezza che, secondo il Fisico, illumina la strada dando una traccia sul sentiero da seguire: combinare la meccanica quantistica e la relatività ristretta allo scopo di ottenere un’equazione del moto che non perdesse validità a velocità molto elevate, confrontabili con quella della luce.

La fisica come galleria d’arte

Cosa rappresenta in fisica la parola “Bellezza”?

L’equazione che Dirac cercava doveva inoltre essere coerente con la teoria delle trasformazioni e seguire il principio di simmetria. La sua tela bianca aveva delle linee guida ben delineate. L’anatomia e la prospettiva rappresentate non erano armoniose.

Perché il dipinto potesse avere delle fondamenta accettabili era importante risolvere un problema grosso, considerato da Heisenberg uno dei peggiori della fisica moderna: la teoria ammetteva soluzioni a energie negative, che Dirac considerò prive di senso fisico. Ma le transazioni discontinue da livelli di energia positiva a energia negativa erano presenti nella meccanica quantistica e lui non poteva girarsi dall’altra parte.

Dirac fu costretto a ragionare controcorrente e a identificare questo “Mare” fatto di livelli energetici negativi come un insieme di buche, elettroni non osservabili. Il matematico Weyl aiutò la comunità a ragionare sulla simmetria di Dirac e sul fatto che queste buche non potevano essere considerati protoni, per una disparità di massa, ma anti elettroni (o positroni). Giunsero quindi anche l’antiprotone e l’idea del monopolo magnetico che avrebbe spiegato la quantizzazione della carica elementare.

Questa esperienza trasformò Dirac da cauto teorico a rivoluzionario promotore della bellezza matematica: questo avrebbe fatto di lui il Trockij della fisica, il genio più strano del mondo. Un coraggioso avventuriero ma anche un severo critico d’arte, che giudicava senza pietà le brutture a cui la fisica era sottoposta.

Tra queste, la “rinormalizzazione” era ai suoi occhi un lavoro brutto, privo di basi estetiche e perfino etiche. Qualcosa che metteva in cattive condizioni la teoria quantistica dei campi, la quale avrebbe necessitato addirittura una rifondazione.

Quando la rinormalizzazione si mostrò non solo vincente, ma addirittura in perfetto accordo con i dati sperimentali la risposta di Dirac fu “Potrebbe essere corretta, se non fosse così brutta”.

A questo punto bisogna chiedersi: «Cosa significa la parola “bellezza” nella fisica?>>

Il Matematico Hardy, contemporaneo di Dirac, diceva:

«I modelli di un matematico, come quelli di un pittore o di un poeta, devono essere belli. Legarsi in modo armonioso proprio come fanno i colori o le parole. Non c’è posto per la matematica brutta”.

Anche per Einstein la teoria doveva essere bella ed elegante, proprio come ci si aspetterebbe da una descrizione fondamentale della Natura. I risultati sperimentali non potevano influenzare questa opinione. Se la teoria era semplice ed elegante, allora doveva essere corretta indipendentemente dalle osservazioni.

Dirac era dello stesso avviso: “Lavorando con il proposito di ottenere equazioni dotate di bellezza, insieme a una solida intuizione, il risultato è quello di percorrere la strada del progresso”.

In effetti, i dati sperimentali dei primi esperimenti sul moto degli elettroni erano in disaccordo con le predizioni della relatività ristretta ma ciò non fermò Einstein nell’affermare la superiorità e la validità della sua teoria.

Secondo il giudizio di Dirac (e di molti altri) la bellezza della teoria autorizzerebbe il fisico a trascurare temporaneamente il verdetto negativo da parte dei risultati sperimentali, sebbene vi sia una teoria brutta ma con un esito empirico positivo.

Rielaborando conversazioni avute con Dirac, si ha che:

  • Se la teoria elegante è in accordo con gli esperimenti, non c’è da preoccuparsi.
  • Se essa è in disaccordo con gli esperimenti, gli esperimenti devono essere sbagliati
  • Se la teoria non elegante è in disaccordo con gli esperimenti si può tentare di perfezionarla per accordarla con gli esperimenti
  • Se una teoria non elegante è in accordo con gli esperimenti, allora non vi è nessuna speranza.

Una teoria brutta in accordo con gli esperimenti è sicuramente sbagliata secondo questa linea di pensiero: il fisico non dovrebbe accontentarsi di applicare regole operative matematiche al solo scopo di avere il predetto e l’empirico in accordo.

La critica di Dirac ha anche un forte messaggio, un invito all’audacia.
Einstein aveva vinto perché aveva creduto fino in fondo alla bellezza della sua teoria e non si era lasciato scoraggiare come avevano fatto altri. Nonostante il periodo storico non fosse il migliore e le premesse caratteriali di Einstein lo allontanassero dal successo, la fede nella bellezza matematica lo guidò verso la descrizione più pura della Natura.

Questa bellezza si mostra quando l’artista della fisica vive senza pregiudizio ammettendo fin da subito la superiorità dei campi. Il pregiudizio è ciò che gli impedisce di comprendere in termini pratici la meccanica quantistica e la relatività in relazione.

Quando avremo un nuovo Einstein o un nuovo Heisenberg, continua Dirac, avremo un nuovo dono di bellezza dalla Natura. Questa nuova evoluzione, infatti, prevede il dubbio su qualcosa che non si è mai messo in discussione e che porterà a gettare luce sul conflitto tra determinismo e indeterminismo.

Attribuire troppa importanza ai concetti attuali è sicuramente un errore. Probabilmente sarà necessario lavorare sul cambiamento di concetti come lo spazio tempo, senza preconcetti o convinzioni e con lo spirito intuitivo e creativo che avrebbero un bambino o un artista guidato da pura passione – chiaramente senza cadere nell’errore di attribuire al proprio pensiero troppa fede, come nel caso dell’etere.

Se questo non fosse stato fatto a suo tempo, non saremmo mai passati da Bohr a Heisenberg. Dirac sostiene che l’ingrediente essenziale, ancora una volta, è di certo la bellezza.