Cinque cose naturali e cinque contro natura
Al giorno d’oggi siamo ormai abituati a sentire e usare il termine ‘naturale’ e ‘contro natura’ quasi ogni giorno, in maniera così frequente che oramai non c’è più un vero significato posseduto dal termine. Usiamo queste etichette come più ci piace, pensando che possano essere accostate a varie opinioni che possiamo aver costruito nel corso del tempo, questo perché generalmente il concetto di natura è una cosa estranea, un nome mal collegato al concetto che rappresenta, un ente poco compreso, poco studiato e quindi poco conosciuto; questa ignoranza di fondo porta come conseguenze numerosi bias e atteggiamenti privi di alcun fondamento logico.
Cosa vuol dire davvero ‘contro natura’?
Cos’è davvero naturale?
Partendo dalla base più semplice, quella linguistica, possiamo dire che ‘contro natura’ è una locuzione che identifica qualcosa che non segue le leggi naturali, che esula dalla normale impalcatura che è stata fornita. Le cose diventano problematiche quando ci si interroga circa il punto successivo: quali sono queste leggi naturali che vanno seguite?
Le leggi che regolano lo sviluppo di un ecosistema sono tante e complesse, abbiamo delle leggi che regolano le relazioni tra gli elementi viventi dell’ecosistema, le leggi che descrivono la riproduzione di ogni gruppo, ci sono leggi che descrivono come gli elementi chimici si spostano tra i vari livelli, come fluisce l’energia prima di tornare a essere libera, etc. le leggi sono tantissime, le relazioni ancora di più, tanto da poter dire con sicurezza che ad oggi noi conosciamo solo un abbozzo della reale complessità del sistema.
Contro Natura: Filosofia e Religione
Troppo tempo libero e poca chiarezza.
Dubbi, regole morali, rassicurazioni per ciò che esisterà dopo la morte, premi di consolazione e modi per vincere la solitudine: abbiamo elaborato tutto questo perché avevamo ‘troppo tempo libero’. Sembra una contraddizione in termini, ma provvedo a fare chiarezza.
Intanto occorre fare una divisione tra spiritualità e religione costruita: la spiritualità è una mozione interna che, anche nel caso del collegamento diretto alla religione, è caratterizzata da un forte accento di carattere personale, la spiritualità non necessita della religione e può esistere anche come semplice assenza di attaccamento alla materialità, la spiritualità prevede semplicemente la convinzione che oltre al piano fisico della materia ci sia dell’altro; la religione invece è una costruzione intellettuale e razionale, nata dal bisogno di manipolare ciò che ci circonda (l’alternarsi delle stagioni, la morte, il ‘destino’, la conclusione di una guerra, lo svolgimento di una relazione, etc.), spesso senza un impegno diretto in prima persona.
Parlare concretamente della filosofia è più difficile, visto che non esiste una definizione univoca e certa; oltre all’etimologia (“Amore per la sapienza” dal greco antico) abbiamo pochi altri punti di raccordo tra i vari pensatori che hanno provato a darne una definizione. Principalmente viene definita come “L’uso del sapere per il vantaggio dell’uomo” o come “La ricerca della conoscenza dell’essere in quanto tale”, prendendo una alla volta le due definizioni possiamo affermare quanto segue:
1. Uso del sapere per il vantaggio dell’uomo: l’uso di un sapere che esula dalle principali necessità per la sopravvivenza nasce dal fatto che il tenore della vita fosse già drasticamente aumentato rispetto ai primi albori del genere umano, l’astrazione della filosofia rispetto alle questioni terrene si è fatta tanto più spiccata quanto più la vita diventava sicura e protetta. La possibilità di elucubrare circa la definizione di cosa viene dopo la morte è resa possibile solo dal fatto che la morte non sia un pericolo tangibile di tutti i giorni, la possibilità di cercare il senso della vita è data solo dal fatto che la stessa non sia in pericolo;
2. Ricerca della conoscenza dell’essere in quanto tale: abbiamo sempre assunto che il vero essere esistesse, che ci fosse una realtà indiscutibilmente vera nascosta dai nostri sensi; il problema è che non è così, una realtà indiscutibilmente vera non esiste e il comportamento della stessa cambia a seconda dell’osservatore e cambia se osservata o meno. Come cercare quindi una vera realtà se questa vera realtà non esiste?
Tutto questo ragionamento cosa c’entra esattamente con la locuzione “contro natura”?
C’entra semplicemente perché lo è: lo studio della morte come evento innaturale e ingiusto, una ricompensa ai propri comportamenti che arriverà solo dopo l’inevitabile, i dubbi sulla realtà vera o finta che debba essere… sono tutte questioni derivanti dal troppo tempo a disposizione per ‘pensare’, questioni che non hanno fatto altro che allontanarci da una serie di problematiche reali, che si sono sviluppate con il tempo.
Questa capacità di pensare e questo troppo tempo per pensare, in particolare alla morte e a quanto di brutto succede nella nostra vita, ci hanno portato a elaborare il concetto di religione (concetto che non può assolutamente essere slegato dal contesto storico in cui si è sviluppato), una serie di convinzioni, rituali e atteggiamenti che dovrebbero darci il potere di controllare ciò che abbiamo intorno, o quanto meno giustificare che ciò che sta accadendo è colpa di qualcuno che io non posso controllare, quindi non è colpa mia. Di nuovo, anche in questo caso, l’assenza di questioni più urgenti cui badare rende possibile l’elucubrazione, preferita alla semplice constatazione circa ciò che ci circonda.
Contro Natura: Il Matrimonio
Monogami, ma solo nella stagione riproduttiva o anche dopo?
In natura esistono vari tipi di relazione intraspecifica tra individui e di queste fanno parte quelle volte alla riproduzione.
I pattern comportamentali variano molto anche all’interno dello stesso genere, figuriamoci la varietà di sfumature che possono assumere se vengono considerati ordini tassonomici più ampi. Di queste relazioni una in particolare ha sempre colpito l’uomo: quella del “Per sempre o quanto meno fino alla morte”.
La monogamia è un comportamento complesso regolato da molteplici geni, che viene definito come “il legame ad un singolo partner duraturo per almeno una stagione riproduttiva, caratterizzato da una maggior difesa del territorio e da cure parentali impartite da entrambi i genitori”: già nel principio della definizione notiamo che il ‘per sempre’ viene già a mancare, viene infatti sostituito da ‘finché i cuccioli non saranno in grado di cavarsela da soli’. L’esistenza della monogamia è garantita dall’attività di diversi geni (omologhi nelle varie specie in cui questa si è evoluta) che collaborano alla produzione di ossitocina e vasopressina.
La durata relativa della monogamia è in relazione all’aspettativa di vita della specie che stiamo considerando: nel momento in cui l’aspettativa di vita aumenta, ma non aumenta l’aspettativa di funzionalità del genoma, la produzione di ‘molecole della monogamia’ potrebbe venir meno prima del termine ultimo della vita dell’individuo.
La monogamia quindi non è altro che la garanzia di istruzione della prole da parte delle figure parentali, garantita dalla produzione di particolari sostanze: nessun giuramento davanti a una divinità, nessun tipo di contratto, nessun tipo di festeggiamento. La definizione stessa di famiglia, creazione diretta del matrimonio, è a sua volta variegata e non sempre esistente all’interno del mondo animale, dettata dalla storia evolutiva e definita da tratti come i pattern comportamentali, il tipo di prole, l’aspettativa di vita e il tipo di selezione cui è sottoposta la specie.
Contro Natura: THE FIRST TIME
Quel mistico velo di cellule a tutti tanto caro.
La mistificazione della prima volta potrebbe rientrare tranquillamente nei rituali tribali della nostra specie o nella mistificazione di un avvenimento in nome di una qualche divinità (prendetene pure una a caso, con ottime probabilità ci saranno una serie di prime volte descritte come sacre/sacrileghe, giuste/sbagliate, pure/impure): il menarca, la rottura dell’imene, la prima polluzione, il primo atto di forza, la prima azione ‘proibita’ fatta con il gruppo.
Tutta questa serie di atti vengono abbelliti, lustrati, illuminati e presentati come qualcosa di fondamentale, passaggi immancabili nella crescita, qualcosa che definisce terribilmente chi sei e chi non sei, tuttavia uno sguardo più attento rende subito chiara una cosa: quelli che noi mistifichiamo non sono altro che semplici eventi obbligatori nella nostra vita.
Il menarca non è altro che la dimostrazione dello sviluppo sessuale ultimato, un processo che va avanti sin dal concepimento e che è finalizzato alla riproduzione (l’unica vera forza motrice della vita), lo stesso si può dire della prima polluzione notturna: non si è più grandi, non si è più maturi, si è solo capaci di riprodursi, tappa obbligata dello sviluppo vivente; eppure questo avvenimento viene vissuto come l’annunciazione di grandi responsabilità, di grandi cambiamenti, viene festeggiato o nascosto, a seconda delle culture, vestito di un abito che non ha mai avuto e che è utile semplicemente a riempire quel famoso ‘tempo di troppo’ che ci siamo ritrovati a gestire.
La mistificazione di un semplice velo di cellule, scarsamente vascolarizzato e probabilmente utile a evitare a penetrazione di corpi estranei nell’apparato è improvvisamente diventato l’etichetta di un prodotto DOP, la certificazione di una qualità che in natura non esiste, visto che la sua presenza è spesso legata alle fasi del ciclo ormonale. La ricerca di questa qualità confezionata ha causato non pochi squilibri tra i due sessi, creando un canale di preferenza basato su qualità non trasmissibili: qualcosa che esula completamente da qualsivoglia pattern sensato disegnato dalla natura.
Et voilà: di nuovo contro natura.
Contro Natura: il razzismo
Prendere troppo sole potrebbe nuocere gravemente allo status sociale.
“Parlare di razze umane è razzista, bisogna usare esclusivamente il termine etnia” -cit.
Chiariamo la differenza tra i due termini:
1. Razza: insieme non tassonomico, usato per identificare un gruppo di individui che condividono caratteristiche morfologiche ereditarie, è usato come sottogruppo di ‘specie’ e generalmente è applicabile solo alle varietà domestiche di animali e piante, in quanto non supportato geneticamente per l’utilizzo sull’essere umano. Il termine razza manca inoltre di sottolineare caratteristiche peculiari e imprescindibili per la definizione di gruppi umani;
2. Etnia: aggruppamento umano fondato sulla comunità o sulla forte affinità di caratteri fisico-somatici, culturali, linguistici, religiosi e storico-sociali;
Il termine razza in sé non è razzista, è il suo utilizzo volto a sottolineare il naturale predominio di un gruppo sull’altro a esserlo.
In termini biologici l’insieme migliore di caratteristiche fisico-somatiche è definito dall’ambiente, ergo solo e soltanto dalle pressioni selettive:
– La pelle molto scura, ricca di melanina, è un ottimo adattamento alla prolungata esposizione alla luce, una pelle bianca e pallida sarà un ottimo adattamento a zone scarsamente illuminate;
– La forma dell’occhio più o meno a mandorla deriverà dalla particolare inclinazione della luce;
– La forma del naso è legata ai valori dell’aria respirabile presente nel territorio di sviluppo;
– L’intolleranza al lattosio estremamente diffusa nell’estremo oriente deriva da una storia di dieta povera di latte;
Paese che vai, adattamento che trovi.
Essendo, ora, l’essere umano definito da un insieme complesso di sovrastrutture non riducibili alle semplici caratteristiche morfologiche, il termine razza appare semplicemente troppo povero per descrivere appieno un gruppo di individui.
Ora, parliamo della definizione di specie: “un gruppo di individui potenzialmente o praticamente interfecondi che occupano una nicchia ecologica precisa e un areale di distribuzione proprio, riproduttivamente isolati da altre specie”, spiegando questa frase in modo più semplice possiamo dire che una specie è “un insieme di individui che possono riprodursi tra loro generando prole feconda, il gruppo deve potersi riprodurre solo all’interno di sé e deve avere un ruolo naturale e un’area di distribuzione ben precisa”, nel caso umano siamo costretti a prendere in considerazione solo la prima parte della definizione, vista la nostra capacità di modificare l’ambiente intorno a noi e visto che abbiamo eliminato ogni tipo di sana interazione ecologica avessimo con i nostri vicini.
A questo punto però perché il razzismo sarebbe contro natura? In quanto nato dalla costruzione umana della società che ha forzato una serie di relazioni non volute e troppo strette tra gli individui e un forzato sconfinamento di territorio dovuto a dinamiche non naturali, unite a varie sovrastrutture imposte alla nascita e ormai facenti parte della costruzione dell’individuo; proprio quest’ultima parte è la causa della perdita di coerenza da parte del termine razza, l’origine della sua insufficienza.
Eccola, l’innaturalità data dalla costruzione di un confine dopo il suo abbattimento.
Contro Natura: Scelte dietetiche
Paese che vai, regime alimentare che trovi
La dieta viene definita come regime alimentare in senso generico, si può poi scendere nel dettaglio e analizzare anche la dieta del singolo individuo o di un gruppo ristretto di individui.
Nella specie umana le diete tradizionali di molte etnie sono decisamente variegate, passando dalla quasi completa carnivoria degli inuit, alla dieta quasi totalmente vegetariana di alcune tribù della foresta tropicale.
Generalmente l’uomo ha la capacità di digerire la maggior parte delle fonti di cibo presenti in natura, tuttavia la sovrappopolazione e un’etica non rispecchiante la natura in cui viviamo hanno portato alla convinzione che alcune diete siano sbagliate e altre giuste, giustificando altresì il fomento di un immotivato odio tra gruppi che abbracciano posizioni diverse.
La dieta viene definita e definisce anche il nostro tratto digerente: un diverso tipo di nutrizione si accompagna ed è accompagnato da particolari caratteristiche circa la lunghezza del digerente, la larghezza, il tipo di cellule e l’intensità dell’attività dei singoli tratti.
Il sentirci liberi di scegliere tra una dieta onnivora, vegana, fruttariana, etc, deriva semplicemente dal fatto che siamo figli di una società ricca e sicura, dove questo tipo di scelte sono fattibili. Nessuna delle scelte citate serve davvero a modificare l’impatto che un individuo ha sul mondo, banalmente perché il problema non è la scelta dell’individuo, ma il numero totale di individui: attenzione, non il numero totale di individui che compiono quella scelta, ma il numero totale di individui che si nutrono (ben al di sopra della capacità del sistema). La scelta soddisfa un vuoto etico che non può trovare vera risoluzione nella semplice scelta di ciò che viene introdotto nella bocca.
Un altro grande dibattito si apre circa i cibi di origine chimica (partendo dalla semplice vanillina, arrivando alle carni sintetiche), il dibattito vede le sue origini in una piccola goccia di ignoranza collettiva: tutto è chimico, perché tutto è costituito da atomi; la vanillina prodotta in laboratorio è indistinguibile da quella prodotta dalla pianta, semplicemente perché sono la stessa molecola, aumentando il grado di complessità il discorso non cambia. Spesso la diversità è solo nelle convinzioni che abbiamo, non tanto nella realtà dei fatti. Quest’ultima parte però si discosta leggermente dalla linea del discorso.
In natura siamo tutti prede e predatori di qualcuno, le scelte etiche non trovano posto vicino alla sopravvivenza.
Naturale: La Morte
Is this the only thing that is absolutely certain?
Niente è più naturale dell’epilogo di qualcosa.
Tutto conosce un epilogo, tutto finisce, tutto muore e tutto in un certo senso rinasce.
La morte è parte integrante della vita, parte integrante della natura. La morte è utile, la morte è imprescindibile, necessaria.
La morte permette l’evoluzione, i cambi generazionali, il riciclo dei nutrienti, la selezione naturale, la vita di esseri che dipendono da essa.
Nulla ci è utile quanto la morte per andare avanti.
In verità sperimentiamo la morte ogni giorno: le nostre cellule sostituite, patogeni che attaccano il nostro corpo, piccoli animali che nemmeno ci accorgiamo di calpestare.
Negare la morte vuol dire negare la vita e nemmeno ce ne rendiamo conto, negando la morte noi permettiamo il ristagno anziché l’evoluzione, permettiamo la saturazione del nostro sistema e il suo collasso dall’interno. Troppi individui in crescita esponenziale in un mondo a capacità finita finiranno solo per collassare.
Naturale: Il dolore
Se non ti uccide ti fortifica: anni di evoluzione in un proverbio
Contrario naturale del piacere, è la normale bilancia che la percezione usa per definire le cose piacevoli.
Le percezioni non sono assolute, ma relative alle varie esperienze vissute durante la vita, esperienze molto dolorose renderanno gli opposti particolarmente piacevoli, mentre un appiattimento delle esperienze negative porterà un appiattimento delle percezioni positive.
Il tentativo dell’essere umano di eradicare completamente il dolore dalla propria vita porterà solo alla scomparsa del piacere e alla ricerca di esperienze para-dolorose per giustificare la percezione di qualcosa di vagamente piacevole, oppure alla sostituzione della sensazione piacevole con quella dolorosa, secondo un meccanismo percettivo chiamato equivalenza matrimonio-funerale (qualunque situazione è apprezzata purché discosti di molto la percezione dall’apatia). Dall’altro lato potrebbe, invece, accadere l’inverso: la ricerca di qualcosa di terribilmente piacevole per riuscire a sperimentare un decimo dell’effettiva intensità.
Naturale: Omosessualità
Gaio significa anche felice, sarà un complotto?
Largamente praticata in natura, naturale quasi quanto l’intersessualità e i cambiamenti di sesso nel corso della vita, l’omosessualità è uno dei temi più dibattuti attualmente in quanto a naturalità e possibile accettazione.
In quanto a naturalità la risposta è: in molte specie, appartenenti a generi e ordini diversi, ci sono diffusi comportamenti omosessuali; il discorso però è terribilmente riduttivo, visto che riguarda una sfera della caratterizzazione umana non interamente dipendente dalla bio-fisiologia. Il dibattito inoltre è quanto di più lontano dalla naturalità o meno della questione, visto che viene usata prevalentemente in scenari politici. La biologia ci insegna che quando osserviamo un fenomeno non possiamo dichiararlo falso, visto che lo abbiamo osservato, l’unica cosa che possiamo fare è cercare una spiegazione a questo fenomeno. In quanto dato di fatto non ci si può dire in disaccordo o meno, banalmente perché l’esistenza di un individuo non è una questione di opinioni.
Naturale: La Diversità
Da vedere su Netflix: Strange is the new Black
Cardino vincente di ogni specie, soluzione preferita per la sopravvivenza, garanzia della salute di un bioma… distrutta come fosse la peggiore malattia.
La natura non segue un’ottica economica e l’economia non segue un’ottica naturale. Nella moderna economia consumistica la monocoltura domina, la diversificazione è dannosa e le specie vanno tenute il più immobili e inquadrate possibile.
Molteplici evidenze naturali dimostrano che la diversità è la chiave della sopravvivenza, sia del singolo (l’eterozigote è largamente favorito in quasi tutte le situazioni di selezione), sia della specie (la selezione stabilizzatrice, che garantisce l’affermarsi di un unico carattere, ha successo solo nel breve termine, mentre la disruptiva ha effetti benefici a lungo termine). La diversità è l’elemento che garantisce l’adattabilità.
Distruggerla, significa cadere lentamente verso un disastroso fallimento.
Naturale: La Natura?
Sembra strano, ma molti non lo sanno.
Gran parte della natura ci fa paura o schifo:
1. Artropodi (quasi il 75% del regno animale), divisi in: Insetti, Aracnidi, Crostacei (la maggior parte dei quali terribilmente simili a insetti), Vermi e affini (5% appartenenti a vari sottogruppi);
2. Altri invertebrati raramente considerati animali (12%);
3. Toccare la terra fa schifo (è sporca);
4. Et Cetera
La maggior parte del mondo che ci circonda è considerato brutto, schifoso o sporco.
Molte cose naturali vengono stravolte e viste in un’ottica completamente estranea a quella che doveva essere l’originale interpretazione (le mestruazioni, le ferite, le interazioni tra animali, la considerazione di piante come esseri viventi, l’aggressività).
Viviamo in un mondo che non vogliamo sperimentare e non vogliamo vivere, che non vogliamo toccare e ascoltare, eppure noi facciamo parte di questo mondo, ne siamo parte integrante e fondamentale, ma ce ne teniamo a distanza.
Percepiamo come innaturale quanto di più naturale esista.